Non dire bravo ai bambini: forse ti sembrerà un’informazione già sentita o forse no.
Per quanto mi riguarda, io questo l’ho sentito dire ai genitori un’infinità di volte sia di persona, ma anche nel favoloso mondo dell’internet.
Hai presente quando ti ripeti talmente tante volte una parola che perdi il senso del suo significato? Ecco, una cosa del genere mi è accaduta anche con questa frase. Allora mi sono messa a raccogliere le idee e le conoscenze e ne ho scritto su.
Sicuramente penserai chetutto ciò a che fare anche con il bisogno degli adulti di fare qualcosa affinché i propri figlio acquisiscano fiducia in sé. E hai ragione perchè è vero, ma non nel modo in cui siamo abituati a pensare. Di questo ne ho scritto qui così puoi farti un’idea della faccenda più completa.
Anche io in questo articolo ti dirò che non lo devi dire “bravo” o “brava” ai bambini. Ma siccome è importante che tu cerchi davvero di non dirlo, ti spiegherò anche perché è meglio non farlo. Ti farò degli esempi pratici sfruttando anche ciò che vedo quotidianamente a scuola nel mio lavoro di insegnante e ti darò delle alternative.
Partiamo dunque però dal principio.
Perché diciamo “bravo” ai bambini?
Ciao
Sono Irene Cavicchioli e mi occupo di educazione rispettosa facendo la maestra alla scuola primaria.
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Prima di tutto secondo me dobbiamo interrogarci su questo: quando e perché diciamo “bravo!” a una bambina o a un bambino?
Io ci ho pensato parecchio e secondo me lo diciamo in queste occasioni:
- quando un bambino assume un comportamento corretto che vogliamo ripeta ancora. Ad esempio, se sta tranquillo mentre facciamo la spesa.
- quando un bambino raggiunge un risultato che pensiamo sia buono e vogliamo congratularci con lui. Ad esempio, vince una partita di calcio o ottiene un buon risultato a scuola.
- quando un bambino reagisce in modo a nostro parere corretto in una determinata situazione difficile. Ad esempio, se sta litigando con un altro bambino e si comporta in modo rispettoso.
- quando noi stessi siamo molto eccitati per un suo traguardo anche di crescita. Ad esempio: “Bravissimo, hai imparato a camminare!”
A volte siamo talmente abituati a dire un “bravo” o “brava” in modo rapido e sbrigativo che abbiamo perso proprio l’allenamento a dire qualcosa in più. Per ognuna delle situazioni che ho descritto sopra, possiamo trovare delle modalità diverse per esprimere chiaramente l’intenzione che abbiamo o il risultato che vorremmo ottenere.
L’ultimo paragrafo lo dedico a come si potrebbe fare, prima però ti spiego perché invece è meglio non dire “bravo” ai bambini. Altri modi di dire “bravo” o “brava” li trovi anche qui.
Che cosa ci spinge ad utilizzare questo tipo di feedback
Intendiamoci: quando dico che bisogna evitare i “bravo” e i “brava” intendo che bisogna evitare anche tutti gli altri giudizi affini. Sei super, bravissimo, ottimo lavoro, molto bene eccetera eccetera… questi sono tutti sinonimi di “bravo!
E, attenzione, non sto dicendo che non si debba incoraggiare bambini e bambine, anzi: il loro bisogno di essere amati, supportati, di sentirsi soddisfatti e contenti di quello che fanno necessita di una risposta da parte degli adulti di riferimento. Lodi e apprezzamenti però sono un’altra storia.
Riflettiamo quindi sul messaggio che noi vogliamo mandare a nostro figlio quando gli diciamo “bravo”, cioè quando lo lodiamo per qualcosa.
Probabilmente è: “sono contento che tu faccia così” oppure “questo è un comportamento corretto” oppure ancora “mi voglio congratulare per questo tuo risultato che mi e ti rende felice”. E noi lo facciamo perché a questi bambini vogliamo bene. Perché siamo davvero contenti se li vediamo felici o perché crediamo che sia giusto che assumano alcuni comportamenti importanti per essere delle brave persone. A volte abbiamo anche bisogno di collaborazione perché abbiamo le nostre urgenze: per esempio, quando io mamma devo andare a lavorare e devo portarmelo dietro e ho bisogno che stia tranquillo o se a scuola io maestra devo finire la lezione sugli egizi, sono già le 12.50 di un venerdì e ho tanto bisogno di collaborazione per concludere prima della campanella.
Solo che, lodando con “bravo” o “brava”, nel breve termine sicuramente riuscirai ad ottenere l’effetto che vuoi: il bambino farà un grande sorriso orgoglioso ed è molto probabile che poi ripeterà i comportamenti che tu hai cercato di rinforzare con il tuo “bravo”. Anche se a primo avviso non sembra, in realtà lo stesso meccanismo, ma opposto, viene messo in atto dalle punizioni, di cui ho parlato approfonditamente qui.
Ma che cosa accade a lungo termine se diamo a bambini e bambini questo tipo di riscontri quotidianamente?
Perché non si deve dire “bravo” ai bambini e alle bambine?
Partiamo dal presupposto che, ogni volta che diciamo “bravo” o “brava”, è perché siamo contenti di quello che il bambino sta facendo. Stai dietro al mio ragionamento, che può sembrare un po’ complesso, ma in realtà è molto logico.
Il messaggio che quindi gli arriva è “se io mi comporto così, allora tu, il mio adulto di riferimento, sei felice”.
Che però, in altre parole, significa anche “se io smetterò di comportarmi così, tu smetterai di essere felice”. Sta così automaticamente interiorizzando l’idea che la tua felicità dipenda da lui. Penserà che i suoi comportamenti siano strettamente legati e quindi in parte responsabili del tuo stare bene e delle tue emozioni.
Questa però è un’informazione molto pericolosa da interiorizzare, per molti motivi.
Devi considerare che per un bambino la massima felicità equivale a sentirsi amato dai propri genitori o dai propri adulti di riferimento.
Puoi ben capire come automaticamente il bambino assocerà la bravura con la felicità e la felicità con l’amore. Lentamente inizierà a pensare che “se faccio il bravo, allora i miei genitori mi amano, altrimenti no”.
Cosa dire al posto di “bravo”?
Giungiamo ora alle indicazioni pratiche.
Prima però devo fare una premessa doverosa: impegnarsi nella causa del “non dire bravo ai bambini” implica impegnarsi in un cambio di prospettiva educativa.
Implica fare un grande sforzo nel cambiare modo di comunicare: dire “brava” e basta non richiede molto tempo e nemmeno tanto impegno. E si sa che se uno ha uno o più figli di fatica ne fa già tanta, costantemente, quindi è normale e sano che a volte vada in riserva di energie.
Però, come tutte le cose che all’inizio sembrano difficili, anche cambiare modo di comunicare per puntare ad un’educazione a lungo termine necessita solo di un po’ di allenamento.
Quindi, a mio parere, il modo più semplice che sono riuscita a trovare per spiegare come si potrebbe fare è questo: se ti viene da dire “bravo” a un bambino, fai un respiro profondo, poi descrivi che cosa vedi e che cosa provi, mantenendo l’attenzione sull’azione (e non sulla persona).
Facciamo degli esempi pratici:
- tuo figlio ha preparato la tavola e questa cosa ti rende felice? Potresti provare a dire “grazie per aver preparato la tavola, ricevere dell’aiuto nelle faccende di casa mi fa sentire sollevata”.
- tua figlia ha vinto una partita di basket o una gara di nuoto eccetera…? Proverei con “deve essere molto emozionante per te essere arrivata prima, io durante la partita ho avuto il fiato sospeso per tutto il tempo”.
- mentre aspettavi alle poste\in banca\ dal medico tuo figlio è stato paziente e rispettoso? Diglielo: “grazie per la tua pazienza e per essere rimasto in silenzio mentre stavamo aspettando, so che non deve essere stato semplice per te, ma a me è stato davvero d’aiuto perché io avevo davvero bisogno di fare questa commissione”.
Un riflessione in più sul bisogno di sentirsi apprezzati
Concludo il mio articolo lasciandoti un paio di riflessioni in più.
A volte a scuola io mi rendo conto che ci sono dei bambini e delle bambine che hanno un costante bisogno di sentirsi dire “bravo” oppure che quello che hanno fatto “va bene”. Mi sono chiesta molto da dove nasce questo bisogno che, quando è molto presente, non è naturale.
Spesso siamo noi adulti che intralciamo il processo di sviluppo di bambini e bambini con richieste e giudizi che crediamo facciano bene, ma che a lungo andare possono creare loro delle difficoltà.
Spesso scambiamo il loro bisogno di essere visti con quello di essere gratificati: ad esempio, mia figlia fa una capriola dicendo “mamma, guarda!” che in altre parole è “mamma, mi vedi? Mi percepisci per quello che sono?” ed io al posto di rispondere dicendo (sia praticamente che simbolicamente) “Amore, certo che ti vedo!” dico “bravissima!”.
Il risultato a lungo andare può essere quello di continuare a spostare l’attenzione del bambino su qualcosa di esterno (in questo caso il giudizio del proprio adulto di riferimento). Ecco che, quando il giudizio esterno non arriverà, è molto più probabile che lui vada in crisi perché non abituato a percepire il proprio senso di autoefficacia.
In parole semplici, se sono abituato a sentirmi dire che sono “bravo” a fare tutto (anche quando magari non è del tutto vero perché sto facendo una cosa molto ordinaria, come ad esempio un semplice disegno), se sarò in un ambiente dove nessuno mi dice come ho svolto un compito, non sarò in grado di valutare da solo e non mi percepirò come capace oppure no.
Quel bisogno di essere visti e apprezzati che non ci abbandona (quasi) mai
Ti lascio una domanda in più: quanti adulti tra i tuoi conoscenti e colleghi conosci che hanno un costante bisogno di sentirsi apprezzati pur essendo “grandi”? Quanti di noi non prendono decisioni importanti e rimangono in una sorta di limbo dove da padrone la fanno le paure del giudizio di chi ci sta attorno?
Ti ritrovi nelle mie parole? Se ci stai provando a cambiare prospettiva, quali sono le tue difficoltà?
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Ciao, ti confesso che c’è un sillogismo che non condivido nella mia esperienza di genitore.
Cioè se spontaneamente mi esce un bravo, non è per dire che la cosa non deve esser per forza per un voler incentivare ma perché spontaneamente se vedo qualcosa di ben fatto rimango sorpreso e dico wow che bello, bravo! Ci sono certi momenti in cui rimango stupito e anche il sillogismo del tipo “questo significa che se non fai così non mi fai felice” non credo che sia automatico. Penso insomma che ci siano più sfumature. In linea di massima condivido che i bambini debbano crescere liberi dal senso di colpa o dal dover compiacere un adulto. Detto questo cerco di non pormi su un piano di superiorità nei momenti di gioco e di lasciarmi andare alla spontaneità.
Ciao Francesco, sono d’accordo sul discorso della spontaneità: quando si sta con bambini e bambine, è lì che si deve stare, in relazione e non con la testa sui libri a ripetere le frasi fatte. Sicuramente il “se fai così, non mi fai felice” non è automatico, l’utilizzo della parola “bravo” o affini ripetuta molte volte diventa talvolta però un alibi per stare poco in ascolto e sbrigarsela in fretta nelle conversazioni: alcuni adulti si relazionano principalmente così con figli o alunni. La consapevolezza su perché e come si usano le parole fa la differenza. Grazie per la tua condivisione!
Buongiorno, ho appena letto l’articolo che ho trovato interessante, in quanto mia figlia di 9 anni sente il bisogno di essere gratificata per il suo lavoro scolastico con valutazioni “bravissima” o comunque con altre tipologie di valutazioni (cuoricini), se ciò non avviene, e spesso capita, lei ci resta molto male tanto da intristirsi. Lei è una bambina che si impegna tanto e molto buona, ma è anche molto forte di carattere, nonché deciso. Ovviamente mi dispace molto vederla triste quanto non ragginge i suoi obbiettivi scolastici, nonostante i suoi impegni a cercare di fare tutto bene. Leggendo l’articolo ho messo in discusssione me stessa, se mai sono stata io ad indurre mia figla a sentirsi sempre appagata per quello che fa, sicuramente spesso l’ho rimproverata per aver sbagliato i compiti, non so se questo ha creato nel corso del tempo disagi alla mia piccina.
Vorrei in merito conoscere le cosiderazioni di un esperto.
grazie Arianna
Grazie per questo articolo lo trovo molto interessante spesso noi nonni o genitori usiamo queste parole pensando di gratificare il bambino ma in fondo è un modo di farlo stare buono e farle fare quello che vogliamo tenendoli buoni
Grazie a te per questo contributo!